La risposta è semplicemente NO.
Si tratta di una richiesta criticabile, anche considerato che, oltre al capitale a favore del danneggiato, le assicurazioni pagano pure le spese legali A PARTE (e mai in detrazione a ciò che è il giusto risarcimento ottenuto!). In questo caso, tuttavia, è stato evidentemente raggiunto un accordo onnicomprensivo, cioè capitale + spese. Lo squilibrio tuttavia mi pare evidente.
L'art. 13 del Codice Deontologico Forense prevede che:
"Sono vietati i patti con i quali l'avvocato percepisca come compenso in tutto o in parte una quota del bene oggetto della prestazione o della ragione litigiosa"
Ciò significa che, seppur mitigato rispetto ad una volta, continua a vigere il divieto del 'patto di quota lite'. Dunque se il Vs. avvocato ha calcolato il proprio compenso in base % rispetto al valore del danno ha operato in maniera deontologicamente scorretta.
I compensi dovranno dunque essere preferibilmente calcolati sulla base della qualità e quantità del lavoro svolto tenendo a riferimento i parametri dati dal tariffario forense e, francamente, credo che sia assai difficile che - pur in due gradi di giudizio - si possa giungere a quantificare in una tale somma le spese dovute.
Personalmente penso che sottrarre 200.000 euro su 800.000 a delle persone sofferenti per la perdita di un proprio caro sia un comportamento assai sgradevole, che come sempre rischia di compromettere la considerazione verso un'intera categoria.